Ricordo che verso il tempo di Pasqua, pulivamo il prato dai ramoscelli caduti dalla potatura degli alberi, la nonna donava a noi nipoti due uova da far bollire per farle diventare sode e colorarle con erbe verdi. Quando arrivava il mattino di Pasqua, si sedeva vicino al focolare e aspettava il suono delle campane, e il lieto scampanio si spandeva per tutta la valle, alzava la testa soddisfatta ed esclamava contenta: è risorto e anche questa volta, gliela fatta a quei bastardi! e accompagnava le parole con un gesto deciso del capo dall’indietro in avanti.
Questa e altre cose, ma tante, ricordo della nonna ai tempi in cui ero un
bambino perchè era un tipo originale con un carattere duro, sempre sicura di se stessa e che non ammetteva di essere contraddetta, voleva tanto bene a me e mia sorella: non mangiava una caramella senza averne prima fatto tre pezzi, uno per me, uno per per mia sorella e uno per lei.
Era nata in una contrada fra le più alte della valle. Lassù non arrivava mai il pane e quando ne ebbe in mano il primo pezzo andò a bagnarlo nell’acqua della fontana perchè diventasse più grosso e durasse di più. Era tanto povera come tutti a quei tempi. Ad ogni modo a vent’anni ebbe il fidanzato, a vent’uno scese col fidanzato dal prete per il fidanzamento ufficiale. Accompagnandola a casa su per il monte il suo promesso si
avvicinò per di dietro e le depose a tradimento un bacio sulla guancia. Lei si voltò svelta e ricambiò con una sberla sulla bocca.
_ Allora non vengo più ! disse lui.
_ Non importa, morto un papa se ne fa un altro !