Leggendo il “Corriere della Sera” di sabato 28 novembre la mia attenzione è stata catturata da due articoli relativi ai ‘nonni’ e che riporto integralmente qui sotto.
Il primo è il seguente.
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Nonni all’estero (per amore)
Le nuove reti familiari
di Fabio Savelli
Emanuele è appena diventato papà per la seconda volta. Dopo Giorgio è arrivato Carlo. Vive a Madrid da dieci anni, ha sposato Carolina, che invece gioca in casa. Ha lasciato Roma per realizzarsi. Si occupa di marketing digitale, è esperto di Seo (l’indicizzazione sui motori di ricerca), è country manager di una società americana che affitta camere in tutta Europa. Emanuele è figlio unico. I genitori sono andati entrambi in pensione. Vivono a Roma. Anzi vivevano. Il pendolarismo continuo con la capitale spagnola per vedere i nipotini li ha convinti che sì, forse, non era così avventato pianificare la terza età all’estero. Valigia in fretta e furia. Appartamento in affitto a due passi da Palacio Real, sul fiume Manzanares. Il figlio a un tiro di schioppo. Baby sitter alla bisogna, nel tempo libero una gita a Toledo oppure una mostra itinerante al Prado.
Silvia invece si è trasferita a Londra dopo la laurea in architettura. Romana anche lei, sette anni fa è arrivata nella City. Ora lavora in uno studio internazionale sommerso dai progetti di una metropoli in cui affluiscono capitali da ogni parte del mondo. Lei la chiama «bubble», bolla, ma per ora non riesce ad assentarsi troppo dal lavoro. Viola, un anno, necessita di attenzioni. Il compagno, analista per Citigroup, lavora quanto lei se non di più. I genitori di Silvia, compatibilmente con i costi folli dei trasporti, hanno deciso di vivere nella capitale inglese per un periodo. Sono in buone condizioni di salute, ex dipendenti pubblici appena andati in pensione, entrambi hanno pensato che Viola meritasse due nonni presenti.
Benvenuti nell’era della famiglia mobile. Liquida. Anche e soprattutto all’estero, dove le reti di solidarietà per gli «expat» sono inesistenti e quando arrivano i piccoli l’ammortizzatore per eccellenza funziona (e molto) in termini di qualità della vita.
La contabilità di quanti siano i nonni oltre confine per seguire i figli/cervelli in fuga che non hanno intenzione di fare ritorno in patria è ignota. Un buon osservatorio può essere l’Inps. Che richiede una procedura online sul proprio portale per ottenere il trasferimento dell’assegno di quiescenza su un conto corrente ad hoc in caso di permanenza all’estero. Ma dall’istituto di previdenza non sono in grado di calcolare questo particolare fenomeno dei ricongiungimenti familiari. Perché bisogna fare la tara rispetto ai cosiddetti nonni in fuga. Coloro i quali vanno a vivere ad esempio nei Paesi dell’est Europa dove il costo della vita è infinitamente più basso.
La sensazione però è che le reti sociali stiano travalicando i confini nazionali per gestire i bisogni mutevoli di embrionali nuclei familiari impreparati a doversi confrontare con genitori a migliaia di chilometri di distanza.
L’Istat nell’ultimo rapporto sulle tendenze demografiche parla di rete di parentela in evoluzione, sempre più stretta e lunga. In altri termini anche da noi, in cui è tornata prepotente l’emigrazione Sud-Nord dettata dall’incapacità del Meridione di soddisfare la domanda di lavoro ad alto valore aggiunto, si sta verificando una profonda trasformazione del concetto di rete familiare. In cui il mutuo soccorso tra la madre e la figlia è diventato sempre meno agevole per le distanze geografiche. Nonostante le compagnie aeree low-cost e i servizi — spesso cari, carissimi — dell’alta velocità ferroviaria.
Ecco perché non è insolito trovare nei grandi contenitori urbani come Milano storie come quelle di Daniele. Professionista della comunicazione e una moglie neuropsichiatria infantile, romana come lui. I suoi genitori — insieme a quelli di lei per dividere le spese — hanno affittato un monolocale di 45 metri quadri per dare una mano nella gestione della nipotina appena arrivata. Alternandosi alla bisogna: un fine settimana ciascuno. Prodigi della famiglia mobile.
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Certo per i ‘nonni’ non è facile ‘emigrare’ al seguito dei figli. In alcuni casi i nonni sono a loro volta figli, per cui ci può ancora essere al mondo qualche genitore o suocero/a che, data l’età dei nonni, è attorno ai novant’anni, se non oltre, con le problematiche del caso. I nonni stessi possono avere problemi di salute, ed anche se siamo nell’Unione Europea, abbandonare il proprio medico od emigrare con la propria cartella clinica al seguito non è semplice. Inoltre ci sono, o ci possono essere, dei problemi di lingua e di usi e costumi che non sono facile da superare quando si ha una certa età.
L’altro è il seguente
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L’opzione “au pair” per mettersi in gioco
di Alessandra Dal Monte
Ursula ha 65 anni, vive a Como anche se è nata in Germania, è in pensione e conosce bene tre lingue. Non ha più figli a cui badare, i nipotini sono abbastanza grandi da sopportare qualche mese di distanza, il marito lo lascia volentieri agli amici del circolo. Perciò da due anni gira l’Europa attraverso il portale «Granny Aupair», un sito nato nel 201o ad Amburgo per mettere in contatto le famiglie bisognose di tate con signore che hanno del tempo a disposizione. E soprattutto tanta esperienza. «Non c’è paragone tra le grannies e le più note ragazze alla pari — racconta Nelly Ponti, 38 anni, francese di origine ma residente sul Lago Maggiore con il marito e un figlio piccolo —. Due anni fa avevamo bisogno di un aiuto con il bambino perché io avevo ripreso a lavorare. Ho subito pensato a una babysitter straniera, poi una coppia di amici mi ha consigliato di provare le “nonne”. Il sito era nato da poco, non lo conoscevo ma ho voluto tentare. Alla fine ne abbiamo avute tre, tutte austriache o tedesche, e ci siamo trovati benissimo. Non si spaventano mai e danno un sacco di consigli». Un reciproco scambio di vantaggi: le famiglie vengono in contatto con governanti molto preparate, mentre le signore approfittano dell’esperienza per viaggiare, imparare altre lingue, a volte ricollocarsi nel mondo del lavoro. Come Mimoza Mezini, 54 anni, che dopo aver perso il posto in azienda a Bolzano sta cercando un soggiorno di sei mesi in Germania per migliorare la conoscenza del tedesco e, chissà, trovare un’altra occupazione. In cinque anni oltre mille «nonne» (il sito è aperto alle over 50) hanno colto l’opportunità, viaggiando in oltre 40 Paesi. Solo 40 le italiane, e quasi tutte d’origine straniera.
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Questa pratica, però, non la vedo di facile attuazione qui in Italia, almeno per la nostra generazione, anche se può essere un modo per impratichirsi in una lingua straniera. Credo che potrebbe essere adatta a ‘nonne’ (ammesso che siano disponibili) senza particolari legami di famiglia, piuttosto dinamiche ed elastiche e ……. agli inizi della terza età.
Paolo