Sono un nutrito gruppo di anziani che vivono nello stesso quartiere, direi meglio, in condominii inscritti in un centinaio di metri di area periferica, quelli che siedono sulle due panchine ai bordi di un campo verdeggiante d’erba. Le costruzioni sono degli anni settanta, i nuovi residenti sono famiglie di immigrati, i vecchi abitanti vivono lì da moltissimi anni e si conoscono tutti. Si è creata fra loro una conoscenza fatta di consuetudini ed una di queste è il ritrovarsi nei giorni tiepidi della primavera, in quelli afosi dell’estate e nell’ultimo sole di inizio autunno, sulle panchine ombreggiate da alcuni alberi, fra i quali una quercia dalle larghe fronde, i due salici piangenti, bellissimi e grandissimi, l’uno dopo l’altro sono stati abbattuti, segati perché minacciavano di cadere con i temporali degli ultimi anni di clima impazzito. Quegli anziani si siedono lì, in fila come passerotti su un cavo della luce, due o tre sono accompagnati dalle dame di compagnia (le badanti), un altro paio, essendo più giovani, rimangono in piedi perché non c’è posto a sedere per tutti ed, infatti, lamentano la mancanza di altre panchine e loro vorrebbero che il Comune ne mettesse qualcuna, le une di fronte alle altre, per conversare guardandosi in viso, e per fare posto agli altri. Quelli che hanno i nipoti piccolini li portano assieme loro, seduti sulle biciclettine e così, anziani e piccini stanno insieme. Loro sorridono e ridono sonoramente quando i più spiritosi raccontano storielle buffe, si prendono in giro, raccontano dei figli dei nipoti, fanno passare qualche oretta, poi se ne vanno piano piano, a braccetto l’una dell’altra, sono quasi tutte donne quei passerotti seduti sulle panchine sotto la quercia.
Francesca Boldrin
Complimenti per l’articolo, cara Francesca, soffuso di poesia e molto soft.
Non so dove hai scattato le foto, però situazioni simili si possono vedere un pò ovunque sparse nelle nostre città, è un modo abbastanza diffuso di affrontare la 3° e, perchè no, anche la 4° età, si cerca di passare il tempo tra persone she si trovano in situazioni simili, socializzando e chiaccherando soprattutto tra donne, e …… gli uomini? forse al bar?
Complimenti anche per essere riuscita ad inserire le foto!
Un caldo saluto
paolo
Un parco senza nome, in un quartiere qualunque della nostra città. Potrebbe essere quello vicino a casa mia, dove porto a giocare i miei nipoti quando sono miei ospiti. Ma l’estate è finita, il tepore dei giorni scorsi ha dato spazio ad un venticello freddo e, ahimé, le panchine si stanno svuotando. I bambini sono ritornati a scuola, solo qualche gioco nel primo pomeriggio se c’è bel tempo. Gli appartamenti si riempiono, le mamme strillano perchè i bimbi mettono tutto in disordine, molti anziani trascorrono le ore davanti alla televisione attendendo l’ora di cena, passivamente senza scambiare una parola con nessuno.
Cara panchina del parco, tu non sai quanto sollievo hai portato a chi è solo, a chi non può fare lunghe passeggiate, a chi ha voglia di sentire il vociare dei bambini per ricordare…..
Grazie Francesca per l’argomento introdotto.
E’ vero. Con l’autunno ciascuno torna a rifugiarsi nella propria tana, al caldo buono delle pareti domestiche. Eppure basterebbero poche sedie , un tavolino,qualche tazza di tè fumante per creare la gioia di ritrovarsi fra amici di vecchia data.