Cohousing-Vesta-Communities-51

Quanto è capitato in questi giorni a un nostro socio, che per motivi di privacy non nomino non avendone parlato con lui personalmente ma che molti capiranno facilmente di chi scrivo, mi suggerisce l’idea di scivere queste righe.

 Uno dei problemi maggiori per noi (non più giovani, anziani, persone nella terza età …) è vivere da soli.

 Non tanto la mancanza di amicizie o relazioni, che per i soci di Agorà non è un problema, ma proprio il fatto di trovarsi a casa propria senza nessuno, in modo particolare nelle ore notturne.

 Un approccio a questo problema che comincia, timidamente, a diffondersi anche in Italia è il cohousing (coabitazione) e la sua variante silver cohousing (coabitazione tra persone con i ‘capelli d’argento’).

 Il termine coabitazione è un po semplicistico, il concetto, tradotto con un termine inglese (tanto per cambiare e con gioia di qualche nostro socio) parte dalla Scandinavia ed in particolare dalla Danimarca come riporta Wikipidia:

La sua nascita nella forma attuale viene fatta risalire al 1964, quando Jan Gødmand Høyer, architetto danese, comincia il proprio percorso per la creazione della comunità di Skråplanet, primo caso riconosciuto di bofælleskaber, termine danese per indicare il fenomeno. A partire dagli anni Settanta il cohousing comincia a prendere piede nei paesi dell’Europa del nord, e in particolare inDanimarca, Olanda e repubbliche scandinave. Il fenomeno rimane ristretto al contesto nord-europeo fino agli anni Ottanta, quando attecchisce negli Stati Uniti. Negli anni Novanta il cohousing approda anche in Australia. A livello europeo, negli ultimi decenni il cohousing si è diffuso all’esterno dei paesi scandinavi, dapprima in Germania e poi verso i paesi mediterranei, tra cui l’Italia.Negli Stati Uniti, nel 2008, i progetti di cohousing completati erano 113, mentre erano 111 quelli in corso di realizzazione (residenti totali: circa 6-7.000 persone). In Europa la diffusione è diversificata in base ai paesi, e mancano stime accurate. In Danimarca esistono circa 600 comunità cohousing, in Svezia, nel 2007, si contavano circa 50 casi di cohousing, in Olanda un centinaio. In Belgio Regno Unito i casi di cohousing sono meno di una decina. In Italia vi sono solo un paio di casi realizzaticontro una trentina di condomini solidali.

 Il fenomeno è nato in origine essenzialmente per motivi economici per far fronte alle necessità delle giovani coppie ma negli ultimi tempi si è evoluto anche nel silver cohousing che, come si può facilmente capire si rivolge alle persone anziane.

 Un aspetto che per l’Italia può essere molto interessante dato in futuro dovremmo far fronte a due ordini di problemi

 Il primo, più vistoso, è quello economico:

 Gli anziani che vivono da soli sono 3,5 milioni, ben 2,3 hanno più di 75 anni e in poco meno di un terzo dei casi abitano in case di proprietà che sei volte su dieci hanno più di quattro vani. Spesso in condizioni mediocri se non addirittura pessime perché i proprietari, per quasi la metà (46%), hanno pensioni inferiori ai 1.000 euro al mese e non sono dunque in condizione di provvedere a una sana manutenzione. Va da sé che, visto che «l’80% del bilancio mensile è impiegato per tre voci: casa, bollette, spesa», condividere una casa ristrutturata con spazi comuni può generare una “liberazione di risorse” a nucleo non trascurabili. Si tratta di risorse che, una volta liberate, possono consentire notevoli incrementi della qualità della vita.

 Secondo punto cui prestare attenzione, più silente e perciò stesso più pericoloso, è la solitudine senile:

questa soluzione potrebbe liberare la popolazione anziana dalla solitudine, dall’isolamento e dall’esclusione sociale, superando i problemi di incuria e di mancata assistenza

Naturalmente le combinazioni abitative possono essere le più varie dall’appartamento, alle case a schiera, alla cascina ecc. in base alle caratteristiche delle persone e del luogo.

Qui in Italia con la nostra tradizione di piccoli borghi, in modo particolare al sud, e di contatti umani le prospettive di attuazione del cohousing dovrebbero, in teoria, essere abbastanza buone, senonché gli italiani sono molto individualisti e molto gelosi (in modo particolare quelli di una certa età) della propria casa.

Non so se anche noi saremo coinvolti in questo ‘fenomeno’ ma, probabilmente, tra quelli che verranno dopo di noi qualcuno certamente lo abbraccerà.

 Se qualcuno vuole approfondire c’è anche un sito italiano

https://www.cohousing.it/component/option,com_frontpage/Itemid,1/

Paolo