Questa mattina mi sono imposta di fare la passeggiata che facevo prima della pandemia. Durante il primo tragitto i miei piedi quasi si trascinavano, cercavo di accelerarli ma si presentava il fiatone, ogni tanto ero costretta a fermarmi. Ecco il risultato dei brevissimi percorsi fatti durante questi lunghi mesi; non ero più allenata. Ma ho voluto insistere e, liberata dalla mascherina (ora si può all’aria aperta, sempre rispettando le distanze di sicurezza) finalmente passo, dopo passo il respiro si è normalizzato. Ho cominciato ad assaporare i raggi del sole e le carezze del vento, i profumi dei gelsomini e dei tigli in fiore. Stavo bene, era sopraggiunto un nuovo umore, mi sentivo libera, libera da qualcosa di oscuro che mi opprimeva.
I giardinetti che si trovano in riva all’argine erano affollati da bimbi. Mi sono fermata ad osservarli, vivaci, giocosi, finalmente liberi di godersi uno spazio grande con le relative giostrine che soddisfano la loro vivacità.
Nell’argine opposto due pescatori avevano gettato le loro lenze, avevo l’impressione che non bramavano catturare qualche pesce ma piuttosto una scusa per godersi nel silenzio i piaceri della natura.
Ma il mio sguardo è stato maggiormente attratto da un giovane: “Era nella parte alberata, lontana dai giochi e dagli schiamazzi, era seduto per terra, sulle ginocchia teneva dei libri e quaderni e si vedeva chiaramente che stava studiando tranquillo, rilassato, con la schiena appoggiata al tronco di un albero. Non so il perché ma mi ha fatto tenerezza e mi ha infuso serenità, quasi gioia.
Sono tornata a casa con una nuova energia che continua ad essere presente anche durante questo mio scritto di poche righe. E’ vero non si apprezza mai quello che si ha se non subentra l’impossibilità di goderne. Ho sempre pensato che ogni medaglia, per quanto dolorosa sia, ha sempre il suo rovescio positivo! Penso che nulla accada a caso, a volte ho l’impressione che una mano invisibile e sapiente permetta degli eventi per farci capire quanto stolti siamo.
Elisa
Mi piace il tuo articolo, che avevo già letto su facebook. Bella e simbolica è come dici tu la foto del giovane che studia tranquillo sotto un albero e non in una elegante stanza arredata con a fianco l’ormai inseparabile computer. Mi ricorda una foto di mio papà (che purtroppo non trovo in questo momento) quando giovane studente di ginnasio al Barbarigo, nei mesi caldi si ritirava sotto gli alberi della sua casa in campagna per studiare indisturbato. I colori e il profumo della natura, all’alba e al tramonto, lo aiutavano sicuramente a concentrarsi e ad affrontare con serenità i difficili testi di latino e di materie scientifiche, in un periodo in cui non c’era il corona virus ma la seconda guerra mondiale.
Ho ritrovato la foto di mio papà studente che ho citato nel mio precedente commento. Anzi ringrazio la mia giovane sorella che giustamente custodisce tutta la storia della nostra famiglia.
Mi permetto di aggiungere la foto nel tuo articolo, ringraziandoti per l’ospitalità.
Certe foto del passato fanno tanta tenerezza. Un ragazzo all’alba della sua vita. Una vita che certamente ha lasciato tanto da raccontare e da insegnare.
Una delle mie nipoti Antonelli mi ha fatto pervenire un album di famiglia di origine. Un gesto che io ho molto apprezzato visto che sono l’ultima rimasta di quella generazione. Sfogliarlo è stata un’emozione incredibile e mi ha strappato qualche lacrima.